Una famiglia vive nel bosco con tre bambini. Scelta radicale: vita essenziale, lontano dal consumo, niente scuola tradizionale. Un gesto di libertà, certo. Ma anche un atto di grande responsabilità: decidere per chi non può scegliere.
Lo Stato interviene, i servizi sociali pure, e la discussione esplode: libertà o irresponsabilità? C’è chi parla di persecuzione, chi di tutela dei minori.
Ma questa storia non riguarda solo loro. Riguarda tutti quelli che, in un modo o nell’altro, hanno il potere di influenzare la vita o il lavoro di qualcun altro: genitori, imprenditori, manager, educatori. Perché ogni volta che guidi qualcuno ti ritrovi nello stesso bivio: dove finisce la mia libertà di scelta e inizia la mia responsabilità verso chi pagherà le conseguenze delle mie decisioni?
Essere liberi di scegliere non significa “fare quello che voglio”. Significa assumersi il peso delle scelte, sapendo che la libertà non è mai neutra: genera effetti, ricadute, impatti reali su chi ti sta vicino o ti segue.
E lì, nel punto in cui la mia libertà smette di essere solo mia, comincia la leadership.
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Il paradosso di chi guida
Guidare significa scegliere i confini dentro cui gli altri potranno muoversi.
Troppi confini soffocano l’iniziativa. Troppa libertà indebolisce la sicurezza.
È lo stesso equilibrio che quella famiglia ha cercato nel bosco — e che ogni leader cerca nel suo ufficio, in un progetto o dentro un team. Solo che, nel bosco, le conseguenze ricadono sui figli; nelle aziende, ricadono su collaboratori, clienti, persone vere.
La lezione è identica: la libertà assoluta è un mito romantico che non regge alla realtà. Essere liberi di guidare non significa “fare come voglio”, ma sapere che ogni mia scelta ricade su qualcuno.
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Quando la libertà diventa deresponsabilizzazione
Negli ultimi anni molte aziende hanno inseguito la libertà come se fosse una panacea. Smart working totale, decisioni diffuse, “ognuno fa come crede”, “fiducia al 100%”.
Poi, al primo problema serio, scopri che:
- nessuno decide,
- le priorità si contraddicono,
- e chi dovrebbe proteggere il sistema si nasconde dietro la parola autonomia.
La libertà, senza una cornice chiara, non emancipa: deresponsabilizza. E chi paga sono sempre i più fragili — in famiglia, i figli; in azienda, i junior, i clienti, chi non ha potere contrattuale.
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Valori in conflitto: il lavoro vero della leadership
Il punto non è “chi ha ragione”.
È: chi si prende la responsabilità di decidere quando due valori nobili si scontrano.
Libertà dei genitori vs. tutela dei bambini. Autonomia dei collaboratori vs. sicurezza del gruppo. Innovazione vs. coerenza. Velocità vs. qualità.
Un leader serve proprio per questo: gestire le tensioni, non eliminarle. Cercare il punto in cui le differenze smettono di opporsi e iniziano a generare valore.
A volte esiste una terza via: una soluzione che tiene insieme il meglio dei due poli, e trasforma il conflitto in apprendimento. Altre volte no. E allora la leadership diventa ciò che resta quando non c’è una scelta “giusta”, ma solo la capacità di scegliere con consapevolezza, accettando di portarne il peso.
Il lavoro di chi guida è tutto qui: non vincere una parte, ma custodire il senso.
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Cosa fa un leader maturo
1 – Verifica i fatti, non le ideologie.
Non “mi piace / non mi piace”.
Osserva i dati, gli impatti concreti, le persone che rischiano di più.
2 – Dai cornici chiare, lascia libertà dentro.
Non il far west, non la gabbia.
Pochi paletti non negoziabili (etica, qualità, sicurezza, sostenibilità). Regole D.N.A. Dentro quei confini: autonomia vera.
3 – Ascolta davvero, non per finta.
Chi sceglie vie diverse può portare innovazione.
Ma chiedi sempre: cosa succede se le cose vanno male? Chi paga il prezzo?
4 – Decidi e spiega il perché.
Autorità non è autoritarismo.
È assumersi il peso delle scelte e renderle trasparenti. Così le regole non limitano: proteggono.
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La libertà non vive nel vuoto
L’ho visto in tanti contesti: quando “tutto è possibile”, vince il più forte, non il più giusto. La libertà vera non è assenza di limiti: è capacità di muoversi dentro limiti scelti con criterio. È il patto adulto che tiene insieme un’organizzazione: io ti do spazio, tu lo usi con responsabilità. Chi ama davvero la libertà, la mette alla prova con la realtà, non con gli slogan.
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Compito per chi guida
Scrivi i 3 paletti non negoziabili del tuo contesto.
Decidi dove puoi allargare l’autonomia senza mettere a rischio persone e risultati. Costruisci una via di mezzo praticabile: supporto, condizioni minime, libertà di scelta per chi vuole stare nel perimetro.
Non è comodo. Lo so. Ma è leadership.
Se lavori con me sai che la mia bussola è sempre la stessa: dare spazio alla persona, proteggendo ciò che la fa crescere.
Libertà e regole non sono nemiche: sono due mani della stessa cura. Una spinge avanti, l’altra impedisce di cadere. Il mestiere di chi guida è usarle insieme, con coraggio e rispetto.
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Buona settimana,
Simone
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