Molti manager vogliono essere apprezzati più di quanto desiderino esercitare la propria leadership facendo la cosa giusta, anche quando è scomoda. E questo è il primo grande problema.

Affrontare un collaboratore su una performance insufficiente o un comportamento fuori linea è scomodo. Il conflitto spaventa. È umano. Abbiamo già mille cose da gestire, mille pressioni. Figurarsi se abbiamo voglia di innescare una conversazione difficile.

Ma la verità è questa:
non può esserci crescita senza confronto.

 

La mancanza di confronto è il problema (non la soluzione)

Quando qualcosa non funziona, il primo a dover intervenire sei tu. Non con giudizio, ma con chiarezza. E invece, in tante aziende, cosa succede? Si usano mezze parole. Si evitano gli argomenti scomodi. Si spera che le cose si sistemino da sole.

Il risultato? I problemi si moltiplicano. E con loro la frustrazione, la sfiducia, i silenzi.
Perché non dire le cose come stanno, per paura di ferire, finisce per danneggiare tutti.

Evitare una conversazione difficile oggi è il modo più veloce per ritrovarsi a gestire un problema più grosso domani.

 

Un esempio concreto: il prezzo del silenzio

Hai diversi responsabili di reparto. Uno di loro – sulla carta doveva essere quello giusto: curriculum forte, buone premesse, magari anche una certa sicurezza nel proporsi. Ma la realtà è diversa: non ha mai portato risultati concreti. E oggi, non sai come muoverti. Non lo affronti. Non dici quello che pensi. Perché, in fondo, hai paura di perderlo. Hai paura che se lo metti davanti alle sue responsabilità, si stacchi, si dimetta, crei tensione. E nella tua testa questo sembra un rischio troppo alto.
“Meglio tenerlo che rimanere scoperti”, ti dici. Ma non ti rendi conto che lo stai tenendo a scapito di tutto il resto.

Nel frattempo, gli altri vedono. Vedono che nonostante i risultati inesistenti, quella persona resta lì. E tu, anche senza volerlo, stai alimentando un messaggio chiaro: non contano i risultati, contano le eccezioni.

A quel punto non hai più solo un problema di performance individuale.
Hai un problema di credibilità. Di cultura. Di leadership.

 

Feedback = rispetto

Dire a una persona che qualcosa non va non è una mancanza di rispetto. Anzi, è esattamente il contrario.

Chi sbaglia – spesso – nemmeno se ne rende conto. Magari è in un momento “no”. Magari ha perso lucidità. E nessuno può migliorare qualcosa se non sa che sta sbagliando. Tollerare comportamenti sbagliati o prestazioni sotto le aspettative non è solo un danno per l’azienda.
È un danno per la persona. Perché stai lasciando che si perda, che si chiuda, che si svaluti… senza nemmeno offrirle una possibilità di rialzarsi.

 

La leadership non evita il conflitto

Se pensi che esercitare leadership significhi mantenere sempre la calma, evitare scontri, piacere a tutti… Stai fraintendendo il tuo ruolo.

La leadership richiede di affrontare anche ciò che è scomodo. Guardare negli occhi il problema. Essere presente quando è più facile voltarsi.

Non tutti accoglieranno il feedback. Qualcuno si giustificherà, qualcun altro si offenderà. Succede. Fa parte del gioco. Ma tu non sei lì per piacere. Sei lì per fare leadership.

Ecco alcune azioni concrete per trasformare i momenti di confronto in strumenti di crescita reale:

  1. Sii diretto, ma non duro.
    La chiarezza è un atto di rispetto. Non servono giri di parole, ma neanche attacchi.
    Parla del comportamento, non della persona.
  2. Non aspettare troppo.
    Prima affronti un problema, più è semplice intervenire. Il tempo rende tutto più pesante e più personale.
  3. Fissa uno standard, non solo un giudizio.
    Non dire solo cosa non va: chiarisci cosa ti aspetti. Dalle parole deve emergere una direzione chiara.
  4. Chiudi con responsabilità, non con colpa.
    Un vero confronto non lascia macerie, ma possibilità di ricostruire. Alla fine, la persona deve sapere che ha uno spazio reale per migliorare.

 

La tua leadership lascia un’impronta

Alla fine, la qualità del tuo lavoro non si misura solo nei problemi che hai risolto. Ma soprattutto in quelli che non hai creato. Ogni volta che eviti un confronto, stai scegliendo la via comoda. E ogni volta che scegli la via comoda, lasci indietro il tuo ruolo, il tuo team, la tua responsabilità.

La leadership crea cultura. E quella cultura inizia dal coraggio di dire la verità.

Dire la verità non è un atto di coraggio occasionale. È una scelta quotidiana di responsabilità. E no: non è mai successo, nella storia dell’umanità, che ignorare un problema lo abbia risolto.

Il comportamento sbagliato, se non viene affrontato, non cambia. Diventa parte del problema.

Dire la verità è scomodo. Ma è l’unico modo per esercitare davvero la propria leadership.

 

A presto,

Simone