Conosci la storia di Gillian Lynne? Gillian è una bambina particolarmente vivace e attiva, non riesce a concentrarsi ed è irrequieta, tanto da destare preoccupazione nei suoi insegnanti. “Pensiamo che vostra figlia abbia un disturbo dell’apprendimento”.
Oggi diremmo che Gillian soffre di ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder) disturbo da deficit di attenzione/iperattività, ma a quel tempo, primi anni venti, l’ADHD non era ancora stato diagnosticato.
La mamma decide di rivolgersi ad un professionista.
Per i venti minuti del colloquio con il dottore, Gillian rimane composta sulla sedia. Terminato di parlare con la sua mamma, il medico si rivolge alla bambina: “Ho ascoltato tutte le cose che tua madre mi ha detto e ho bisogno di parlarne in privato con lei per qualche minuto. Aspettaci qui, torniamo subito”.
Prima di uscire il medico accende la radio che tiene sulla scrivania e invita la madre a rimanere con lui sulla soglia della stanza, ad osservare la figlia. Gillian si alza e inizia a muoversi a tempo di musica.
I due rimangono ad osservarla per qualche minuto.
“Signora sua figlia non è malata. È una ballerina, la porti ad una scuola di ballo”.
Gillian Lynne è diventata una delle più importanti ballerine, coreografe e attrici teatrali del mondo. Ha firmato le celebri coreografie dei musical di Andrew Lloyd Webber e T.S. Eliot “Cats” e il leggendario musical di Broadway “Il Fantasma dell’Opera”.
Cosa sarebbe accaduto se Gillian Lynne fosse stata etichettata come iperattiva? Probabilmente non sarebbe mai diventata “ciò che è”.
Le nostre parole sono strumenti potenti: creano la nostra realtà e quella delle altre persone.
Mi sono spesso ritrovato a porre rimedio ai problemi creati dalle etichette verbali che molti professionisti, in modo inconsapevole, hanno utilizzato nei confronti dei propri pazienti: “sei anoressica”, “sei depresso”, “sei malato”.
Hanno erroneamente identificato le persone, con i loro comportamenti.
Quando a definirti così è la persona alla quale ti rivolgi per essere aiutato e della quale ti fidi, è comprensibile che tu creda a quelle parole e le faccia tue.
Questo tipo di giudizio personale crea il paradosso “impariamo a non imparare”.
Quando un tuo collaboratore non sa fare qualcosa, hai un problema.
Ma se il tuo linguaggio lo porta a credere che il problema non sia la mancanza di competenze specifiche, ma il suo carattere, i problemi sono due.
E il secondo è più grande del primo. E’ il meccanismo di incapacità appresa che Martin E.P. Seligman, psicologo e saggista statunitense considerato il fondatore della psicologia positiva, esprime attraverso la “regola delle tre P” e porta il problema su un piano di maggior difficoltà risolutiva.
• Il problema è Personale
Il problema non riguarda ciò che fai, ma chi sei.
Significa che hai sbagliato, perché sei sbagliato.
Significa che hai fallito, perché sei un fallito.
• Il problema è Pervasivo
Il problema non riguarda un ambito specifico della tua vita, ma la tua vita.
Significa che sbagli quello che fai indipendentemente dal compito o dal contesto. Significa che fallisci qualunque cosa tu faccia.
• Il problema è Permanente
Il problema non riguarda soltanto il presente, ma anche il futuro.
Significa che sbagli sempre e continuerai a farlo.
Significa che sei destinato a fallire.
L’incapacità appresa si manifesta con la volontà del nostro cervello di essere coerente con la propria percezione della realtà. La mente vede quello che vuole vedere ed esclude inconsciamente tutto ciò che non è coerente con le proprie aspettative.
Immagina la scena:
Lui è fermo, davanti al frigo aperto.
“Dove hai messo le mele?”
“Sono in alto, nel contenitore bianco, sul primo ripiano”.
“Ma dove?!?”
“Lì, al solito posto!”
È letteralmente immobile, con aria persa, incantato a guardare l’interno del frigo.
Lei arriva. Prende una mela da sotto il suo naso, e con aria divertita gliela mette in mano.
Sì, ho dato per scontato che quello incantato fosse un uomo. A volte gli stereotipi possono essere molto utili a rendere l’idea.
Non vedi, perché credi che non ci sia.
Il nostro cervello è coerente con l’aspettativa derivante dalla convinzione.
Accade perché mi aspetto che accada.
Che tu creda o meno di essere timido, non ha molta importanza.
Sarai coerente con la sensazione di certezza che hai in merito a chi sei.
Una convinzione è una sensazione di certezza riguardo a qualcosa o a qualcuno. Agisce in qualità di filtro percettivo e comportamentale.
Quando crediamo fermamente in qualcosa, impartiamo al nostro sistema nervoso istruzioni specifiche su come interpretare quello che ci accade, e come agire di conseguenza.
Le convinzioni possono aiutarti o meno a esprimere comportamenti efficaci perché sono in grado di attivare la tua capacità di imparare.
Ora che hai questa nuova consapevolezza, pensa a come puoi sfruttare a tuo favore il potere delle convinzioni, e farne uno straordinario strumento di crescita.
Quali comportamenti efficaci vuoi far tuoi?
Simone
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